Daniel’s Mom Sweet Potato Casserole, ovvero la “patata americana”

La definizione di “americana” è curiosa, perché tutte le patate sono di origine americana: forse si deve a un suo arrivo più tardo,  quando ci si era dimenticati abbondantemente l’origine straniera del tubero. O forse per il suo sapore dolce differente dal tubero “normale”, essendo questo gusto bandito dalla tavola italiana almeno dal Settecento, a esclusione ovviamente dei “dolci” propriamente detti (per i quali evidentemente una patata sembrava fuori luogo).

Ricordo che mia mamma insisteva con grande entusiasmo per lessarci le suddette patate americane a fine cena, mentre io e mia sorella le mangiavamo tutto sommato poco convinti.

Ecco l’esperienza di Onelia con le suddette patate e il loro uso che se ne fa negli States, e la difficoltà di coniugarlo con le abitudini italiane.

Sweet Potato Casserole è un contorno di origine nordamericana che va bene accostato alla carne, in casa nostra ha avuto più successo come dolce. Nella nostra famiglia è stato introdotto a Natale dello scorso anno da mio cognato Daniel, che l’ha proposto sullo stesso piatto dell’arrosto di mia suocera.

La ricetta negli Stati Uniti va per la maggiore il giorno del ringraziamento e per tutte le feste invernali in generale. Ne esiste una variante ancora più “sweet” che prevede, per il topping, l’utilizzo dei deliziosi marshmallow, noi abbiamo evitato.

L’ingrediente di base della Sweet Potato Casserole è la patata dolce, o patata americana. Da noi ne esistono di due colori, una più rossa e una più gialla, l’effetto nella casserole è il medesimo.

Il gusto dolce della patata nella casserole non è influenzato da ingredienti salati o piccanti, pertanto il contorno risulta assomigliare moltissimo a uno sformato dolce. La consistenza è quella di un purè, sempre di patate si tratta, accanto alla carne dal punto di vista estetico ci sta bene, meglio di un cheesecake.

La prima vota che ho rifatto la casserole con la ricetta che Daniel mi ha spedito dagli USA, ho confuso almeno in un paio di casi i cucchiaini piccoli con il cucchiaio grande, sbagliando completamente le dosi degli ingredienti. Il risultato è stato tremendo.

Confesso di non aver più trovato altre occasioni per proporre la specialità, la prima volta mi è piaciuta, anche con l’arrosto.

TBSP = cucchiaio grande, tsp = cucchiaino. 3 patate dolci di grandezza media, ¼ di tazza di zucchero, 1 uovo, ½ tsp scarso di vaniglia, 2 ½ TBSP di latte, ¼ tazza di burro

topping: 2 ½ TBSP zucchero di canna, 2 ½ TBSP di noci tritate o noccioline o pecan… o mandorle…, 1 TBSP di farina, 1 TBSP di burro sciolto

Tagliare le patate dolci in tre pezzi. Lasciare la pelle e far bollire finché diventano tenere (non spappolate). Quindi schiacciare le patate, dopo averle pelate. Aggiungere lo zucchero, la vaniglia, il latte, il burro: passare al mixer finché tutto si amalgama. Mettere in una teglia da forno.

Topping: spargere tutti gli ingredienti sull’impasto di patate. Infornare coperto con un foglio di allumino per 30 minuti a 180°, rimuovere il foglio verso la fine.

Onelia

 

 

Pubblicato in ricette (scorrette) | Contrassegnato | 1 commento

Dibattito sul pensiero meticcio

martedì 18 ottobre, ore 19.00, nell’ambito delle iniziative per i 25 anni della casa editrice Eléuthera

libreria utopia, via della moscova 52, milano

IL PENSIERO METICCIO

dibattito con Andrea Perin, Marco Rovelli e Andrea Staid

Pubblicato in presentazioni | Commenti disabilitati su Dibattito sul pensiero meticcio

No-kebab a Forte dei Marmi

La notizia in sé appare stantia, direi una non-notizia: un’altra città, dopo Lucca, Bergamo e Cittadella (PD), ha varato una delibera di quelle che i giornali sbrigativamente definiscono anti-kebab.

“Non vogliamo diventare uguali a tutti gli altri posti, questo è un regolamento necessario per difendere la nostra identità culturale”. Parole che ci si aspetterebbe da un becero leghista, e invece sono del sindaco PD di Forte dei Marmi, Umberto Buratti. No ai fast-food, ai kebab, ai sushi-bar sul lungo mare o in centro, a favore delle tradizionali acciughe fritte, della spigola al forno e degli spaghetti alle arselle.

Questa è la notizia. Facile ironizzare e dire che ormai il PD non è più una vera sinistra, queste scelte sono frutto di una precisa attenzione economica “protezionista” ma anche figlie di un discorso sulle tradizioni da difendere che ormai è usato con fin troppa disinvoltura.

Siamo sicuri che imporre i cibi della tradizione (che spesso erano l’eccezione e non la quotidianità, a volte sono inventati), chiudere al diverso, vuol dire difendere la propria identità? La sensazione è che si rischia di creare un parco a tema, offrire un’immagine di città italiana che non esiste più (se mai è esistita), creare un’immagine tradizionale buona solo per i turisti: la Disneyland dell’italiano tradizionale.

La contaminazione esiste, la maggior parte dei ricchi commercianti locali sicuramente si ingozza di sushi alla moda appena chiude la porta del proprio esercizio, i loro figli sognano il panini del fast-food e tutti mangiano almeno una volta alla settimana il kebab. È sicuramente importante preservare le tradizioni, mediare le situazioni e trovare delle soluzioni, ma negare la realtà e chiuderla fuori completamente significa inventarsi una realtà fittizia. L’identità è un tema sdrucciolo, scivoloso e mutevole, forzare i confini è comodo ma fuorviante e scorretto, a meno che non ci si metta il costume e si reciti una parte.

E chissà quanti dei pesci cucinati nei piatti “tradizionali” vengono pescati nel mare di fronte a Forte dei Marmi e quanti invece arrivano congelati da chissà dove.

Pubblicato in segnalazioni e recensioni | Contrassegnato | 1 commento

Spaghetti con zucca, curcuma, menta e latte di cocco.

Una delle applicazioni che meglio mi sono riuscite con il latte di cocco (brasiliano questa volta) è questo condimento, semplice assai. Anzi, il latte di cocco ha aiutato a rende un po’ meno “gnucca” questo condimento che, quando arriva la stagione giusta, è peraltro una dei miei preferiti. Da giovane (mannaggia, giovanissimo) preparavo spesso la pasta con verdura e panna, cosa che ora non farei più, e il latte di cocco mi ricorda un po’ questa combinazione: ma ce ne va molto meno, è molto meno grasso e meno invadente, è un po’ più dolce.

Soffritto con olio, aglio, un cucchiaino di curcuma (fedelissima!) e peperoncino (abbondante), poi si aggiunge la zucca a pezzetti; quando questa comincia a disfarsi si mette una spolverata di menta. Qualche minuto prima di versare la pasta si versa un po’ di latte di cocco e si mescola.

In questo caso gli spaghetti sono metà integrali, una delle mie ultime manie. Sono convinto che le fibre facciano bene ma trovo il sapore della pasta troppo forte: così mischiato è, al mio palato, decisamente più gradevole.

 

Pubblicato in ricette (scorrette) | Contrassegnato , , , , | 1 commento

JallaJalla – Storia del ragù alla bolognese

Registrazione della puntata del 3 giugno 2011, in studio con Paolo Maggioni (JallaJalla – Radio Popolare), dedicata alla storia delle zucchine ripiene.

3 giugno 2011 – ragù alla bolognese

Di seguito una delle più vecchie ricette di ragù, ancora senza il pomodoro…

Maccheroni all’uso di Bologna

maccheroni (preferibili i così detti denti di cavallo), grammi 500; filetto di vitella, grammi 150; carne secca (pancetta), grammi 50; burro, grammi 40; Un quarto di cipolla; mezza carota; Due costole di sedano bianco; Un pizzico di farina; Un pentolino di brodo; sale pochissimo o punto; Pepe e, se vi aggrada, l’odore di noce moscata.

Prendete il filetto di vitella e tagliatelo a pezzetti; fate un battuto finissimo colla carne secca, la cipolla, la carota, il sedano e mettete ogni cosa al fuoco col burro, poco sale, il pepe e l’odore di noce moscata. Quando vedrete che la carne avrà preso colore aggiungetevi un pizzico di farina e bagnate il tutto con un pentolino di brodo, gettandovelo a poco a poco finché non sia cotto. Se volete dare all’intingolo un sapore più grato, unito al battuto un fegatino di pollo, qualche pezzetto di fungo secco o meglio ancora qualche fettina di tartufi. Se volete fare si che i maccheroni siano più delicati unitevi anche mezzo bicchiere di panna. (…) parmigiano

Vittorio Agnetti, La nuova cucina delle specialità regionali, Milano, Soc. Ed. Milanese, pp. 64-65

In coda intervista a Chiara, che racconta una sua personale versione del ragù alla bolognese.

venerdì 14 ottobre alle ore 15.00 o poco dopo, riprende “Pummarola Boat” su JallaJalla a Radio Popolare di Milano, con Nello Avellani.

Pubblicato in JallaJalla RadioPop | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su JallaJalla – Storia del ragù alla bolognese

Latte di cocco

Se in Italia parliamo di cocco non si va oltre il “coccobello” o la polvere usata per i dolci. Niente altro. Abbastanza ignoto invece è il latte di cocco, che grazie ai nuovi italiani comincia invece a trovarsi nei negozi: si tratta del liquido ottenuto macinando, spremendo e filtrando la polpa interna della noce, da non confondersi con la bevanda lattiginosa ottenuta dalla noce fresca (buonissima, per chi lo assaggiata in giro per il mondo).

Nonostante il nome questo liquido non svolge la funzione di surrogato del latte vaccino (come quello di mandorle o di soia, ad esempio) ma viene usato prevalentemente nelle cucine di mezzo mondo, in quelle asiatiche soprattutto (India o Filippine ad esempio, spesso per ammorbidire il gusto piccante e spigoloso di altri ingredienti) ma anche in Sud America e in Africa. In Italia al massimo qualcuno lo avrà provato nella Batida de coco, cocktail brasiliano ma ormai internazionale.

Il latte di cocco ha una consistenza cremosa, un sapore delicato e dolce, e se la sua produzione in proprio è oggettivamente faticosa (in questo blog ad esempio l’Encocado), è molto facile acquistare il prodotto confezionato: io l’ho sempre trovato nei negozietti per migranti, ma è probabile che ci sia anche nei negozi biologici e vegetariani, magari perfino nei supermercati più organizzati.

Ha un costo limitato, qualche euro, e si trova in lattina o in bottiglietta di vetro, in qualche caso con la specifica se utile per preparare piatti dolci o salati. Non contiene lattosio (ma a volte è allungato con il latte vaccino – controllate l’etichetta) e ha un alto contenuto di grassi saturi, circa 230 kcal ogni 100 g e circa il 17% di materia grassa.

Non è così improbabile immaginare che sia un prodotto in grado di infilarsi nella cucina quotidiana, non solo nella preparazione delle ricette asiatiche, africane o americane.


L’ho provato varie volte, per cucinare un pollo (senza il curry della cucina indiana) o nella zuppa di zucca, fino a preparare una pasta sempre con la zucca (a breve la ricetta): sempre come ingrediente aggiunto e non primario, il latte di cocco ammorbidisce il gusto, addolcisce e lega i sapori, e il risultato è sempre stato apprezzato dai commensali. Anche se il sapore è decisamente più delicato e un pizzico più dolce, il suo utilizzo mi ha ricordato tantissimo la panna che qualche decennio fa aveva invaso la cucina (tremendo!) e veniva usata un po’ dappertutto, a proposito e soprattutto a sproposito. È il rischio che potenzialmente corre anche i latte di cocco, talmente versatile da poterne abusarne. Insomma, se scappa la mano diventa sicuramente lezioso e stucchevole, ma usato con parsimonia può essere ottimo. E visto che la panna è bandita dalla mia cucina…

Pubblicato in Nuovi ingredienti | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Latte di cocco

JallaJalla – Storia delle zucchine ripiene

Registrazione della puntata del 20 maggio 2011, in studio con Paolo Maggioni (JallaJalla – Radio Popolare), dedicata alla storia delle zucchine ripiene.

20 maggio 2011 – zucchine ripiene

Le prime che compariscono in Primavera sono le zucchette (…)

Farsite alla milanese – Le zucchettine intiere, o a pezzi tagliate, si vuotano ad arte, si bollono appena in acqua, e freddate si riempiono con riso cotto in brodo, condito di cacio grattato, gialli d’uova, e midolla di Bue. Ciò fatto, si mettono a cuocere in brodo, e cotte si servono con Colì di Cappone, o Purè di latte.

Vincenzo Corrado, Del cibo pitagorico ovvero erbaceo per uso de’ nobili, e de’ letterati, Raimondi, Napoli 1781

L’intervista è per Haoua, ragazza franco-algerina, che in occasione della presentazione del libro “Ricette scorrette” ha cucinato alla Casa del Popolo di Lodi degli involtini ripieni di zucchine, di ispirazione cinese con influenze algerine, francesi…..

Pubblicato in JallaJalla RadioPop | Contrassegnato | Commenti disabilitati su JallaJalla – Storia delle zucchine ripiene

JallaJalla – mangiare insetti (con intervista sul “casu marzu”)

Registrazione della puntata del 6 maggio 2011, in studio con Paolo Maggioni (JallaJalla – Radio Popolare), dedicata agli insetti che si mangiano

6 maggio 2011 – insetti e casu marzu

Nell’intervista finale Francesco Scanu, amico cagliaritano, parla del “casu marzu”, volgarmente detto formaggio con i vermi

Pubblicato in JallaJalla RadioPop | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su JallaJalla – mangiare insetti (con intervista sul “casu marzu”)

Intervento “Saper gustare”

sabato 10 settembre, cascina Torchiera, p.le Cimitero Maggiore 18, Milano

Incontro conviviale per festeggiare i 35 anni di attività del Centro Studi Libertari – Archivio Giuseppe Pinelli – con incontri, dibatti, musica, aperitivo e buffet- http://www.centrostudilibertari.it

ore 19.00 – “Saper gustare – La società conviviale” a cura di Andrea Perin

Pubblicato in segnalazioni e recensioni | Commenti disabilitati su Intervento “Saper gustare”

Appunti di cucina meticcia dall’Albania

A chi mi chiede come abbiamo mangiato in Albania ad agosto, rispondo bene con riserva. E la riserva è quella che vale per tutti i Balcani: al ristorante e negli esercizi pubblici il menù è differente da quello casalingo. In Italia siamo abituati a trovare sostanzialmente gli stessi piatti che si mangiano in famiglia (spesso quelli delle feste)., mentre in Albania esci per mangiare “da ristorante”: la qualità è buona, la varietà maggiore che in altri paesi dei Balcani, ma si trovano quasi esclusivamente carne alla griglia, insalata (greca con piccole varianti) e spesso zuppe; qualche volta propongono anche piatti più domestici, come il buonissimo tave dheu di fegato, peperoni o melanzane ripiene, una sola volta ho trovato la carne con la bamja (come viene chiamata l’okra). Ma soprattutto, visto che l’argomento del blog è la cucina meticcia, si trovano sempre anche pasta e pizza.

La pizza è una presenza costante in tutto il mondo, ma in Albania è singolarmente accettabile, a volte buona (per un palato milanese, naturalmente). Anche la pasta è solitamente ben cotta, il sugo di pomodoro è speziato in maniera particolare ma buono; anche se, nonostante lo spirito curioso, non ho mai osato provare la “carbonara” o la “bolognese”.

Ho invece assaggiato a Korça una pasta con filetto di pollo (sopra), invenzione locale direi, condita anche con formaggio kaçkavall, mi pare panna acida, e ovviamente burro. In realtà la pasta che sembra andare per la maggiore sembra essere me gialpë, cioè con il burro. Nei menù la pasta viene definita genericamente makarona, ma a Berat anche barrilla.

Ho provato invece anche il pastiço, un piatto che credo sia derivato non dall’Italia ma dalla Grecia: questo sformato di pasta (spesso spaghetti) con burro e feta è troppo lontano dalla pasta al forno italiana (mancano troppi ingredienti, a cominciare dal pomodoro!), più probabilmente è mutuato dall’ellenico pastitsio, che però spesso contiene un po’ di carne e un po’ di pomodoro (forse questo derivato dall’Italia). Ho provato questo piatto in un locale di Tirana, ma era lontano dall’aspetto compatto che ha nelle foto dei libri di cucina, e non molto appetitoso (sotto).

Pasta di tutti i tipi si trova nei negozi e supermercati, sia locale che italiana, segno di un consumo domestico normale: in un libro di cucina (Haki Beluli, Kuzhina Shquiptare, Tiranë 2010) ci sono ricette di vari tipi di pastiço e anche di Llazanjë.

Talvolta nei menù compare anche il risotto, ma alla fine si tratta di un pilaf, quando non di un triste riso paraboiled lesso.

Per finire un brutto colpo: nella libreria Adrion di Tirana, nella sezione di cucina in lingua albanese, compare la traduzione di questo testo fin troppo famoso in Italia. Che vergogna!

 

Pubblicato in segnalazioni e recensioni | Contrassegnato , , | 2 commenti