Gnocchi di riso (cinesi)

Sono un piatto tipicamente cinese e li si trova facilmente al ristorante, ma sono ormai entrati nelle cucine di casa, almeno quelle dei più curiosi e appassionati di cucina. Sono a forma di linguetta, lunghi 5/6 cm, spessi 2/3 mm. Basta mettere le parole su un motore di ricerca e vengono fuori un sacco di ricette, spesso sono con condimenti di verdure tipo l’ineffabile “riso alla cantonese”, speziati con zenzero, etc.

Credo che tradizionalmente abbiamo varie possibilità di condimento, saltati nel wok. In un sito ho trovato un racconto di un pranzo natalizio di cinesi in Italia dove thun88, nel descrivere i cibi, parla di “gnocchi di riso (a forma di linguette schiacciate) saltati con uova e verdure miste tagliate, oppure si mette in tavola un piattone di spaghetti di riso,
sempre con lo stesso contorno. Il riso di solito non trova spazio in queste occasioni, perché è un alimento più quotidiano che per occasioni speciali”.

(http://www.associna.com/modules.php?name=News&file=article&sid=554).

In un menù per cenone di capodanno ci sono “gnocchi di riso con carne affumicata” (menù tradizionale) e “gnocchi di riso con pesce misto” (menù vegetariano).

(http://www.cinaoggi.it/cms/index.php?option=com_joomevents&Itemid=128&func=details&did=1)

Non è male provarli con un condimento nostrano, un ragù o un pomodoro come mi aveva spiegato Yuan per il libro: l’importante è che il sugo sia morbido, non troppo asciutto, perché così lo assorbono meglio. Questi gnocchi infatti non si lessano prima (oppure anche, come mi hanno spiegato stamattina), ma si possono lasciare a bagno un
decina di ore e poi metterli direttamente nel sugo per 4-5 minuti: anche dopo l’ammollo rimangono duri e secchi, ma nei pochi minuti di cottura si lasciano andare. Hanno un gusto più anonimo rispetto alla pasta di grano cui siamo abituati, ma non sono male. Come sempre dipende dal condimento: io ne ho provato diversi, uno di zucca, un’amatriciana, ragù, verdure varie. I commensali hanno sempre gradito.

La praticità rende questi gnocchi di riso accattivanti per cene di tantissime persone al posto della classica pastasciutta, in situazioni un po’ provvisorie: si riducono gli ingombri (niente pentole di acqua bollente e scolapasta) e li si può cucinare un po’ per volta, senza il rischio di pasta fredda o scotta: basta avere una pentola di sugo e una padella dove fare le porzioni di volta in volta, anche se bisogna avere la lungimiranza di averli messi a bagno dieci ore prima. Con il Coro di Micene abbiamo provato con un aperitivo-cena di quasi cento persone ed è stato un successo.

Si trovano confezionati nei negozi etnici e sono relativamente costosi (500 g a 1,20 €). Credo che siano un po’ l’equivalente delle nostre tagliatelle secche, probabilmente tradizionalmente sono realizzati a mano (gli ingredienti segnati sono farina di riso e acqua), ma temo che ci voglia un po’ di perizia.

Esistono anche altre paste di riso, di produzione thailandese, ma ne parliamo un’altra volta.

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“Osso buco” alla francese


Ecco un’altra ricetta da un libro francese, di quelli che avevo acquistato alla fiera parigina il mese scorso. È un volume buffo, una “piccola guida elementare per tutti gli uomini del giorno d’oggi”, con una grafica divertente e ricette di una cucina che si potrebbe definire “internazionale”, senza particolari guizzi di fantasia.

L’occhio mi è caduto sull’”Osso buco”, il piatto che più amo e verso il quale fatico a
essere meticcio: nel senso che mi piace fatto alla milanese, con la gremolada sopra (buccia di limone grattugiata, prezzemolo e aglio) e tirato a cottura con il vino. D’altro canto, mi dico e ripeto, la cucina meticcia è una scelta e non un obbligo, il gusto personale conta assai…

Comunque la propongo perché, dato il tipo di libro, non sembra un’interpretazione “artistica”, quando una modalità consueta di cucinare l’osso buco, pietanza che il libro stesso riconosce di origine italiana.

La ricetta non è complicata e, a parte quello che per me è un abuso di pomodoro, la
caratteristica più rappresentativa e il succo di arancia alla fine: come alternativa alla buccia di limone mi sembra poco convincente ma, sull’osso buco, ammetto di essere moderatamente disponibile. Il testo chiude consigliando di accompagnare il piatto
con la pasta fresca o la polenta.


4 osso buchi di vitello, midollo, 1 bottiglia di polpa di pomodoro (400 g), 1 barattolo piccolo di concentrato di pomodoro (150 g), 2 cipolle, 1 spicchio d’aglio, 1 bicchiere di vino bianco secco, il succo di un arancia, 50 g di burro, sale e pepe

Pulire e tagliare a fettine sottili le cipolle e l’aglio. Rosolare il burro e dorare la carne per 10 minuti a fuoco medio. Diluire il concentrato di pomodoro con un cucchiaio di acqua calda e versare sulla carne. Aggiungere il midollo, le cipolle, l’aglio, il vino bianco e la polpa di pomodoro.
Coprire e lasciar cuocere 1 ora a fuoco dolce.

Al momento di servire, aggiungere il succo d’arancio. Mettere sale, pepe e mescolare. Servire ben caldo

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Roma, LIBRI COME. “Come si scrive un libro di cucina” 28 marzo 2010

Questa
per me è nuova, partecipare a una tavola rotonda. Stavolta
sono un po’ emozionato.

Domenica
28/03/2010
Roma, Teatro Studio, ore 12.00

tavola
rotonda – coordina
 Licia
Granello

con
Stefania
Barzini, Allan Bay, Don Pasta, Letizia Nucciotti, Andrea Perin


COME
SI SCRIVE UN LIBRO DI CUCINA


I
libri di cucina sono un genere che non conosce crisi, merito anche
del successo sempre in crescita del settore enogastronomico: riviste
specializzate, pagine dei quotidiani, programmi televisivi, alla
ricerca dei sapori nascosti, della tradizione e della moda.
L’editoria intercetta la domanda di un pubblico sempre più
“affamato”, e sono lontani i tempi in cui, tra gli anni ’50 e i
’70, il libro di cucina era uno e uno solo e si tramandava di madre
in figlia: Il cucchiaio d’argento per gli angeli del focolare, o Il
contaminuti di Elena Spagnol, il libro di cucina per la donna che
lavora. Oggi, è il caso di dirlo, ce n’è per tutti i
gusti: dal ricettario di famiglia alle tradizioni del territorio,
dalla cucina etnica, a quella per single, dai libri dedicati ai
bambini, a quelli per gli animali. Ma dietro a un libro di cucina, il
più delle volte, ci sono i saperi, prima dei sapori: come si
crea una ricetta, come si adattano ai tempi e ai luoghi dosi e
ingredienti che forse non esistono più o, al contrario, come
si riproduce un piatto antico? Il cibo riguarda anche altre sfere, e
come cambia, per esempio, il rapporto tra i popoli e il corpo, o la
festa ? E soprattutto, quali filosofie del gusto, quali mode e quali
entusiasmi si celano dietro le pagine di un libro di cucina?

http://www.auditorium.com/eventi/4964459

LIBRI
COME. FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA

dal 25/03/2010 al
28/03/2010
Roma, Auditorium Parco della Musica

Una
produzione Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Centro
per il Libro e la Lettura, Radio3

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presentazione 20 marzo 2010 – Festival Cinema Africano

 

20° Edizione del Festival Cinema Africano, Asia e America
Latina

Milano 15 – 21 marzo 2010

 

tra le varie iniziative, è prevista la presentazione di "Ricette scorrette"

sabato 20 marzo, ore 18.30, casa del Pane (caselli di Porta Venezia)

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Polenta di miglio

Era una vita che volevo fare questa
polenta anche se, in realtà, non si tratta di una ricetta
scorretta bensì “pre-scorretta”. Storicamente parlando,
quella meticcia è la polenta fatta con il mais, una pietanza
tradizionale che venne modificata con l’utilizzo della farina di un
cereale proveniente dal Nuovo Mondo (il mais appunto) al posto di
quelle che da sempre si utilizzavano da sempre: farro, miglio, etc.

Era il pasto base dei contadini, quando
andava bene arricchito con formaggio o burro. Non ci è stata
tramandata alcuna ricetta di questa polenta, i poveri non sapevano
scrivere e ai cuochi professionisti non interessava, ma in un
trattato agrario della fine del Cinquecento vi è la
descrizione di come si preparava.

A
farne per tre persone, si piglia tre libre, fin quattro di farina di
miglio per la mattina, & altrettanta per la sera (lasciando
sempre quella di frumento per non fare così buona polenta, &
anco perché si digerisce facilmente) ponendola sul caldarino
che bolle al fuoco con cinque, ò sei libre d’acqua; facendovi
duoi tagli in croce con un bastone, accioche ella maggiormente possa
passar la farina fin’in cima; lasciandola poi bollire fin che si
gonfia, & si distacca dal fondo. Et levata all’hora dal fuoco, si
mena benissimo con un bastone tondo, & netto fin ch’è
totalmente ben rotta, & affinata; & dapoi tolta dal
caldarino, si taglia in bei pezzi sottili con un filo, & si
mangia cosi calda col formaggio, ò con la ricotta salata.

Agostino
Gallo, Le dieci
giornate della vera agricoltura e piaceri della villa
,
1564, p. 243-244

A
cucinarla ora da una parte si svolge un’operazione di ricostruzione
storica, dall’altra si compie un percorso inverso perché
rispetto alla polenta di granoturco oggi è lei a essere
diventata inconsueta, scorretta.

La
farina di miglio (molto fine, biologica e integrale) è stata
più facile da trovare del previsto, è bastato andare
nel negozio giusto di granaglie. Con le dosi indicate viene una
polentina morbida, cremosa, con un buon sapore non troppo marcato. La
si può condire con i formaggi che più piacciono (ma non
userei il gorgonzola), oppure servirla come accompagnamento. Questa
ricetta farà parte di un libo che sto finendo e che dovrebbe
essere pronto fra poco più di un mese.

1,5 l di acqua,
250 g di farina di miglio, sale

Versare
a pioggia la farina nell’acqua bollente e salata, aiutandosi con una
frusta. Girare ogni tanto con un cucchiaio di legno e lasciar cuocere
per 30 minuti.

 

 

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Cookbook Festival Paris 2010 – Fiera del libro di cucina

 

 

Avevo grandi aspettative per il
Cookbook Festival di Parigi (12-15 febbraio 2010), collegato
al premio di Gourmand. Ne sono uscito un po’ deluso per la
verità, ma forse mi ero fatto idee sbagliate.

Erano presenti una quarantina di stand
di editori da tutto il mondo, anche se la maggior parte era europea,
soprattutto francese. Io ero ingolosito all’idea di cucine meticce,
pensavo che avrei trovato testi coraggiosi e innovativi, e invece
prevalevano titoli scontati dedicati alle cucine regionali o
nazionali, oppure a singoli ingredienti o alle solite combinazioni
alcune simpatiche, alcune furbine, altre inutili: cucina per single,
cucina in dieci minuti, cucina in cinque minuti, etc. E poi molti
libri patinati, firme di grandi cuochi, strenne culinarie, vip di
vario ordine e le loro ricette.

Magari sono state impressioni
superficiali, la gran parte li ho solo sfogliati, o forse sono io che
avevo aspettative strampalate. Ma alla fine, con poche eccezioni,
sembrava di trovare da uno stand all’altro le stesse proposte:
l’impressione è che il mercato quello dei libri di cucina
funzioni bene, venda molto, ma non si vuole rischiare più di
tanto e si preferisce puntare su proposte rassicuranti e poco
innovative.

Grande assente, in questa fiera, era
l’editoria italiana: solo un espositore presente (Food Editore) e
inoltre nello stand, quando sono passato io, non c’era nessuno. Per
gli addetti ai lavori era una pacchia, con aree riservate agli
operatori distinte dagli stand dove vagavano quelli come me. Come mai
l’editoria italiana, espressione di un paese dove la cucina ha un
ruolo così centrale nella vita e nell’immaginario, non riesce
ad avere interesse per una manifestazione simile?

Non che mi interessi molto l’aspetto
patriottico o commerciale di questa assenza, ma culturale sì:
mancanza di interesse economico degli operatori? Disinteresse per le
cucine altrui?

Sono tornato con qualche libro
comunque, specialmente quelli economici (ma tutti con una gradevole
qualità editoriale), anche perché sono convinto che gli
aspetti più quotidiani delle abitudini non li trovi sui
prodotti patinati o esclusivi, ma su quelli di largo consumo.

Già ho presentato qualche
risotto “alla francese”, nei prossimi giorni parlerò di
altri libri.

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Risotto “aux oignons et au citron” (alle cipolle e limone)

Per chiudere il discorso sul risotto alla francese, propongo un’altra ricetta. Scelgo questo “alle cipolle e la limone” proprio per la presenza dell’agrume, storicamente e tradizionalmente incongruo con il risotto ma che l’indifferenza d’oltralpe utilizza indisturbata.

Anche questo è un risotto vegetariano, con brodo vegetale al posto di quello di carne che, tranne in casi particolari, è già giudicato un tradimento. In questo libro le proposte con l’accostamento riso-proteina sono meno ardite.

La traduzione dal francese mi è stata ancora meno difficile del precedente risotto, perchè
l’autrice mostra una sconsolante tendenza a ripetere le stesse formule senza alcun tentativo di cambiamento: mi sembrava un po’ il giochino “cerca l’errore” per trovare l’ingrediente o la formula diversa. D’altro canto, capisco anche che non sia facile scrivere una cinquantina di ricette dello stesso tipo con velleità letterarie, però…

risotto alle cipolle e limone

400 g di riso arborio, 3 cipolle, 3 limoni, 50 g di parmigiano, 100 g di burro, 1 l di brodo di verdure, olio di oliva, sale, pepe

Preparare il brodo di verdure e tenerlo al caldo.

In una casseruola far rinvenire le cipolle tritate con un filo d’olio. Far
rosolare da 8 a 10 minuti. Versare il riso a pioggia. Far cucinare a
fuoco dolce senza smettere di mescolare per 5 minuti fino a che il
riso diventa traslucido. Bagnare con il succo dei 3 limoni. Mettere
sale e pepe. Mescolare e far cuocere a fuoco lento e a pentola
coperta.

Quando il liquido è assorbito, aggiungere progressivamente il brodo.
Mescolare spesso. La cottura del riso durerà circa 20 minuti.
Il riso è pronto quando è tenero.

Spegnere il fuoco, aggiungere il burro e il parmigiano grattugiato. Mescolare bene e lasciar riposare 2 o 3 minuti.


(sulla foto è anche decorato con riccioli di buccia)

Liliane Otal, La cuisine du risotto, éditions sudouest, 2009

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JallaJalla – Modou e il “riso alla Modou”

 

Registrazione della trasmissione di venerdì 6 febbraio 2010 all’interno di JallaJalla a Radio Popolare di Milano.

In studio con Paolo Maggioni

6 febbraio 2010.mp3

 

 

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Risotto “à l’ail et aux amandes” (all’aglio e mandorle)

Sembra che il risotto a Parigi stia andando di gran moda. L’ho visto offerto un po’ ovunque in giro e pubblicato sui libri di cucina.

Ho acquistato questo volume francese al Gourmand Cookbook Festival
(più avanti scriverò un breve commento), e le ricette pubblicate sono sorprendenti: liberi dal legame con la tradizione italiana, anzi padana, i risotti diventano una base per i più diversi sapori. E a leggerli si tratta proprio di risotto-risotto, fatto secondo le regole base consuete (riso giusto, tostatura nel condimento, cottura con il brodo un po’ alla volta – di carne o di verdura, mai di dado! – mantecatura con il burro e il parmigiano
grattugiato). Non come tanti che anche in Italia lo chiamano risotto
e poi è una minestra.

Comincio a pubblicare questa ricetta perché ha ingredienti, come le mandorle e la curcuma, che il risotto, che io sappia, non l’hanno mai visto. Piccola dimostrazione dell’evoluzione disinvolta delle ricette al di fuori delle consuetudini consolidate, di come un piatto straniero si adatta ai gusti ospiti.

risotto all’aglio e al latte di mandorle

400 g di riso arborio, 2 cipolle, 200 g di mandorle in polvere, 100 g di mandole (sbucciate) e affettate, 4 denti d’aglio, 1 cucchiaio da cucina di curcuma, 50 g di parmigiano, 100 g di burro, 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 l di brodo di verdure, olio di oliva, sale, pepe

Preparare il brodo di verdure e tenerlo al caldo.

In una casseruola far rinvenire le cipolle tritate con un filo d’olio per 5 minuti. Aggiungere l’aglio tritato e la polvere di mandorle e far andare per due minuti. Cospargere di curcuma. Versare il riso a pioggia. Far cucinare a fuoco dolce senza smettere di mescolare per 3 o 4 minuti fino a che il riso diventa traslucido. Mettere sale e pepe. Bagnare con il vino bianco. Mescolare e far cuocere a fuoco
lento.

Quando il liquido è assorbito, aggiungere progressivamente il brodo.
Mescolare spesso. La cottura del riso durerà circa 20 minuti. Il riso è pronto quando è tenero. Qualche minuto prima che il riso sia pronto, fate saltare a secco le mandorle a fettine su una padella per qualche minuto.

Spegnere il fuoco, aggiungere il burro e il parmigiano grattugiato. Mescolare bene e lasciar riposare 2 o 3 minuti. Decorare con le  mandorle grigliate e servire.

(La traduzione dal francese è mia anche se non so il francese. Ma il testo delle ricette è veramente scolastico, con i verbi all’infinito e sempre le stesse parole e procedure, così con un piccolo vocabolario non è stato difficile)

Liliane Otal, La cuisine du risotto, éditions sudouest, 2009

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sciopero migranti

 

doverosa e partecipata solidarietà allo sciopero dei migranti.

è ora di alzare la testa

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