“Spaghetti Carbonara” filippini

Non lo sapevo, ma oggi è il World Pasta Day, edizione 2009, festeggiata a New York.
Provo grande fastidio alle “giornate”: tutta roba commerciale e questa non meno di altre. Mi intristisce questo tono sciovinista sui maccheroni alla conquista del mondo. Lo stesso tono che si infrangerebbe di fronte alle preparazioni squisitamente autonome del piatto secondo  i gusti locali, che escono insomma dall’orgoglio nazionale a pomodoro e basilico.
Mi sembra l’occasione giusta per raccontare una pasta che esce dai canoni condivisi della tradizione italiana, e ne esce così tanto da lasciarmi stupefatto.
Sono gli spaghetti carbonara, pubblicati in un libretto di cucina filippino. Si sa che questa ricetta è una delle più amate al mondo e che spesso viene realizzata con ingredienti diciamo “adattati” alle abitudini e alle disponibilità locali: wurstel, salame, prosciutto, panna, salsiccia piccante, ricotta, cipolla, peperoncino. Di solito il campionario è veramente vasto ma, tutto sommato, quasi prevedibile: spesso si tratta della  sostituzione di uno o due ingredienti, mentre gli altri più o meno rimangono.
Carlos C. Lorenzana, Celeste G. Lorenzana, The 20-minute cookbook. For Busy Housewives, Overseas Filippino Workers and Singles, Anvil, Manila 2001
Però utilizzare una lattina di zuppa cremosa di funghi (1 can cream of mushroom soup) è così discrezionale da meritare quanto meno attenzione. Mi piacerebbe sapere dove hanno imparato questa carbonara, qual’è la fonte: un libro? Un amico? La televisione?
Visto che a parte gli spaghetti e gli ingredienti base comuni per moltissimi sughi (olio, aglio, pepe) nulla altro ricorda la carbonara, perché l’hanno chiamata così? Direi che questa ricetta esula dalla cucina ma entra di diritto nel campo degli studi antropologici e sociali.
Magari è pure buona, io nonostante la mia disponibilità non ho avuto voglia di provare: se qualcuno la fa e mi fa sapere cosa ne pensa gliene sono grato.
In effetti, io non credo alla ricetta “vera” e “originale”, soprattutto per piatti tradizionali che nel tempo sono variati nelle modalità e che ognuno cucina secondo i propri gusti. Diciamo che ho un approccio laico, relativista, libertario alla cucina. D’altro canto, il versante “ufficiale” assume a volte un tono così rigido e notarile da sfiorare spesso il ridicolo.
L’ Accademia della Cucina Italiana ha curato un volume in collaborazione con il Comando Carabinieri per la tutela della Salute – N.A.S. (!), dedicato ai “falsi culinari”, intesi come piatti tradizionali in cui gli ingredienti e i procedimenti canonici non sono a loro avviso rispettati: di questi oltre il 70%, giungono dalla nostra penisola con grande costernazione degli autori, che non esitano a parlare di tradimento. Ovviamente una delle ricette più tradite è proprio la carbonara.
Di fronte a tale presunzione non so se ridere o indignarmi. Evidentemente un conclave di esperti ha definito la “giusta” ricetta e ne ha stabilito una volta per tutte ingredienti, quantità e modalità. Che per la carbonara prevede tra le altre cose 79 grammi di pecorino romano grattugiato (non 80 oppure 78 grammi) e che il guanciale va tagliato a listarelle alte 8 mm (da Michela Proietti, Strafalcioni alla carbonara, in Il Corriere della Sera, 6 marzo 2009, p. 15). Perciò, o in cucina vi dotate di bilancia da orefice e di calibro, oppure siamo tutti traditori.

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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