Polenta e fagioli neri

Mentre la preparavo, ero divertito
anche solo per l’aspetto che stava prendendo. In realtà si
tratta di una variazione di un piatto tradizionale friulano, la mesa:
una semplice polenta nella quale invece dell’acqua si usava il brodo
dei fagioli, che venivano aggiunti alla fine. Ho sempre ammirato la
capacità di sfruttare tutte le risorse disponibili e di non
buttare via nulla, avendo comunque cura di conferire un buon sapore
alle pietanze. Una capacità che, per inciso, tutti i popoli
hanno sempre avuto, a qualunque latitudine, soprattutto quando
l’indigenza era una presenza quotidiana.

Il gioco, semplice, è stato di
sostituire i consueti borlotti con fagioli neri, quelli del Nuovo
Mondo. Il risultato è una polenta scura picchiettata dalle
macchie nere dei fagioli; il sapore, per la verità, non si
modifica radicalmente ma, se è vero che in cucina l’occhio
vuole la sua parte, l’aspetto davvero inconsueto costituisce già
un grande dato di merito. E poi ci si prende due soddisfazioni.

La prima è che questa polenta
utilizza tutte le sostanze che i fagioli hanno lasciato nell’acqua di
cottura, perciò mentre ne apprezzi il sapore (l’ho
accompagnata con i favolosi formaggi dell’amico Rolando della Val
Grande e un stufato di maiale, prugne e salsicce affumicate –
sempre quelle rumene!) pensi che stai mangiando un piatto pieno di
ottime vitamine.

La seconda soddisfazione, assolutamente
gratuita, è di corrompere la presunta purezza della polenta
“classica”, quella di chi urla “polenta sì, cous cous
no”, che probabilmente nel loro immaginario è gialla o al
massimo taragna, e morta lì. Invece è già un
piatto meticcio, perché il mais viene dalle Americhe e prima
che fosse imposto ai contadini la polenta era cucinata con i cereali
che più faceva comodo: miglio, farro, etc. I contadini non la
volevano di granoturco, diffidavano di questa nuova farina (non a
torto, visto che mangiando solo polenta sarebbero morti a migliaia
di pellagra). Chissà, magari urlavano “miglio sì,
granoturco no”.

In ogni caso la polenta non era
l’accompagnamento di piatti di carne, ma un piatto “unico” essa
stessa, e chi poteva la cucinava con altri ingredienti oltre alla
farina: formaggi e burro, ma anche erbe profumate, verdure, sughi,
etc.

Insomma, la polenta è tutta da
reinventare.

(Comincio a sviluppare una simpatia per
il brodo dei fagioli, ora lo uso anche per cucinare il risotto.
Niente male!).

500 g di farina
gialla di mais, 150 g di fagioli neri, 1 carota, 1 cipolla, 1 sedano.

Lasciate a mollo i
fagioli per 12 ore circa, poi lessateli al dentein abbondante acqua insieme alle verdure;
senza salare. Mettete il brodo dei fagioli nel paiolo (aggiungendo
acqua se manca) e quando bolle salate e poi aggiungete la farina di
mais a pioggia. Quando la polenta è quasi pronta, aggiungete i
fagioli che avrete precedentemente salato. Versate la poenta sul tagliare che avete bagnato con un po’ d’acqua


Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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