Parole di frontiera: il piacere. L’argomento è la cucina


Piacere e cibo.

La prossima serata della rassegna
organizzata a Milano da Scighera e Naga ruota intono alla parola
“piacere”, che abbiamo voluto coniugare alla “cucina”.
Piacere e cucina intensi non solo come occasione di soddisfazione, ma
come legame con il proprio senso di identità, di conforto, di
desiderio di volersi bene. Cucina come valore anche simbolico di
riconoscibilità, come occasione per raccontare cosa conta per
sé.

La serata partirà come sempre
con un piccolo video, composto da un prologo sul significato
etimologico della parola “piacere” seguito da una serie di
brevissimi commenti e aggettivi che si possono associare.

(per chi volesse vedere il video
dell’incontro precedente http://www.youtube.com/nagaonlus)

Poi si mangerà…. Già,
perché non è pensabile “parlare” di cucina, senza
avere il “piacere” di mangiare.

E il cibo, una volta di più,
sarà anche condivisione e scambio, racconto e ascolto. Le
persone che lo desiderano sono invitate a portare il piatto che
meglio le rappresentano, quello che per loro ha un’importanza
particolare, italiani e non italiani. Tutti i piatti verranno messi
al centro, ognuno assaggerà quello che vuole in un grande
incontro di sapori. Al termine, ci si siede e si comincia a
raccontare: io e Francesca Bassani faremo girare il microfono e
ascolteremo i racconti di chi ha portato il piatto, perché è
così importante per loro, ma anche cosa hanno provato ad
assaggiare e cosa gli è rimasto, e cosa ha dire anche chi solo
ha mangiato. La serata sarà il 13 maggio, presso il circolo
arci La Scighera, via Candiani 131 (ingresso con tessera arci), alle
ore 20.00, ingresso con offerta libera (tranne per chi porta un
piatto).

Per chi fosse intenzionato, è
importante comunicarlo prima alla mail paroledifrontiera@scighera.org
entro l’11 maggio, inviando anche la ricetta insieme a un breve
racconto (max 600 battute) che racconti la scelta del piatto.

Per informazioni: www.naga.it,
www.lascighera.org

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“Mashi” di zucchine in crema di gorgonzola e brie


Daniele è un amico e un
ottimo cuoco di cui ho assaggiato solo ricette siciliane, tra cui una
“parmigiana di melanzane” e una “caponata” indimenticabili.

Una
domenica incuriosito da una rosticceria egiziana in Via Giambiellino
dove avevo già provato diversi piatti tradizionali egiziani e
non solo il solito kebab, decido di comprare un pollo arrosto da
portare a casa, come classico pranzo domenicale. Arrivato alla
rosticceria vedo che al banco hanno pronti dei mashi di zucchine ed
avendoli già assaggiati decido di prenderli come contorno.

Durante
il pranzo assaggiando i mashi mi rendo conto che sono troppo speziati
e ben proteici come contorno quindi decido di lasciarli da parte per
la cena, accontentandomi del pollo e delle classiche patatine fritte
guarnite secondo tradizione siciliana con pepe nero e limone.

Finalmente
arrivata l’ora di cena decido di dedicare la mia attenzione alle
zucchine ripiene accantonate durante il pranzo. Osservando il mio
frigorifero vengo attirato dalla presenza di due formaggi tipici del
nord Italia, il brie ed il gorgonzola, che sciolti insieme al burro
creano una “fonduta” ottima come guarnizione e che possono
rendere meno forte l’impatto con le spezie all’interno del mashi.
Con un certo scetticismo e forse con convinzione di combinare il
classico pasticcio in cucina ma anche con una dose di curiosità
nel voler combinare dei prodotti tra loro lontani, mi dedico a questa
fonduta da versare come guarnizione sopra le zucchine ripiene.
Ottenuta tale guarnizione la verso sopra i mashi scoprendo che tutto
sommato la mia intuizione era esatta, la fonduta ha moderato le
spezie rendendo i mashi gradevoli anche ad un palato non abituato ai
forti contrasti tipicamente mediterranei.

Mi
riserverò di riprovare questo piatto provando se ne avrò
occasione a servirlo anche a qualche amico egiziano rischiando
qualche anatema!

Ricetta
La parola “mahshi” vuol dire “ripieno”, ma in
arabo ormai sta per “verdure ripiene”, qualsiasi tipo di
verdure.
Il ripieno Si inizia col
soffriggere lentamente le cipolle fino a che diventino trasparenti
dopo si aggiunge l’aglio, il pepe, le spezie ed infine il riso. Il
riso deve essere preventivamente sciacquato in modo da fargli perdere
un po’ di amido. Una volta mescolati, questi ingredienti devono
essere appena riscaldati in padella, senza che il riso inzi a
cuocere. La miscela va quindi lasciata raffreddare in modo che i
sapori si amalgamino. A qualcuno piace aggiungere anche un po’ di
carne macinata – in questo caso la carne va aggiunta mentre le
cipolle vengono soffritte.
Le verdure Le
verdure usate per questo piatto sono svariate. Si va dai pomodori ai
peperoni, alle zucchine, melanzane, foglie di cavolo, verza, foglie
di vite, patate e cipolle. A seconda delle verdure usate varia anche
il modo di riempirle. Nel caso di zucchine e melanzane, le verdure
vanno svuotate quasi del tutto, lasciando appena quasi solo la buccia
spessa 2 millimetri e rimuovendo polpa e semi. Per reimpire pomodori
e peperoni si usa la calotte di entrambi per chiudere il frutto una
volta riempito, in modo da evitare che il riso fuoriesca.
La
preparazione di foglie di cavolo e di foglie di vite ripiene è
invece piuttosto complicata. Se è la prima volta, consiglio di
acquistare le foglie di vite gia’ pronte, congelate o in scatola,
perche’ non è facile imparare a prendere e maneggiare tenere
e sottili foglie di vite.
Nel caso delle foglie di cavolo, queste
devono essere pesanti e molto strette; per prepararle bisogna
separare le foglie una ad una immergendole in acqua bollente con
cumino – il cumino serve a limitare gli effetti flatulenti delle
foglie di cavolo. Quando il cavolo è soffice, bisogna prendere
le foglie dal gambo scegliendole in base alle dimensioni e
accertandosi di non spezzarle. Per fare il mahshi, aggiungere un
cucchiaino e mezzo del ripieno di riso, avvolgere una volta, chiudere
le estremità e continuare ad avvolgere.

La
cottura
Ricordate di riempire pomodori, peperoni, ecc,
solo fino alla meta; del loro volume, dato che il riso, cuocendo, si
espandera’ e potrebbe fuoruscire se le verdure sono state riempite
tropo.
Quella di piazzare correttamente le verdure nella pentola
di cottura è un’arte. Si fa intanto una base di cipolle,
patate o gambi di cavolo affettati, in modo che le verdure non si
attacchino al fondo e non si rompano quando le si tira fuori.
La
parte “aperta” delle verdure riempite va sempre messa verso
l’alto. E bisogna stare attenti a non scalfire il fondo delle
verdure quando le si svuota. Nel caso delle foglie di vite o di
cavolo, queste vanno invece disposte orizzontalmente e molto strette
fra di loro in modo che le foglie non si disfino. Una volta
allinenate le verdure in pentola, si aggiunge dell’acqua, un dado e
della passata di pomodoro, sale, pepe ed un pizzico di cumino. La
proporzione giusta è che il brodo copra un quarto della
pentola: in ogni caso il brodo non deve mai coprire le verdure.
Il
tutto si cuoce per circa 45 minuti a fuoco molto basso, fino a che il
riso è tenero e il brodo è quasi del tutto assorbito.
Nel caso delle foglie di vite, consiglio di aggiungere al brodo anche
un po’ di succo di limone per insaporire ancora meglio.

Nel
frattempo preparare una crema di gorgonzola e brie. Sciogliere in un
tegamino del burro aggiungendo 100 gr di gorgonzola, tagliare a
dadini 150 gr di brie ed aggiungere al gorgonzola sciolto nel burro.
Girare la crema a fuoco lento senza farla attaccare al tegamino. Se
il tegame risulta troppo caldo allontanare dal fuoco. Mescolare fino
ad ottenere una crema densa e poco grumosa.

Posizionare
i mashi sul piatto e versare sopra la crema di gorgonzola, a modo di
guarnizione, la crema stempera, mediante un contrasto, i sapori
forti delle spezie rendendo più accessibile il gradimento di
un importante piatto della cucina araba.

Daniele Scalia,
pirellix01@gmail.com

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Pesce all’ananas – italo-indonesiano

Seconda ricetta di Maria, ragazza
indonesiana, che adatta le ricette alle risorse italiane. Qui il
salto è veramente impegnativo, a me tendenzialmente l’ananas
ricorda poco il mango (che si trova nei negozi), mentre è
sicuramente più difficile con le foglie di banano.

Originale ricetta
di Pesce al mango avvolto in foglie di banano

ingredienti: 500 g
di pesce, spezie (10 peperoncini rossi, 3 spicchi d’aglio, 7 comma
candlenut(*), 1/2 cucchiaino di pasta di gamberetti(*) – c’è
o non c’è? -, 1 cucchiaino e mezzo di sale, 2 cucchiaini di
zucchero di canna), 5 foglie di lime a fette sottili (*), 2 pezzi di
mango giovani grattugiato irregolare (*), foglie di banano per la
cottura a vapore (*)

Pulire il pesce,
poi bagnarlo con il succo di limone e sale per qualche minuto. Nel
frattempo mescolare le spezie e gli altri ingredienti, unirle al
pesce e avvolgere il tutto con le foglie di banano bimbu. Cuocere a
vapore. Poco prima di servire, cuocere sulla griglia un minuto per
aciugare un po’.

(*) Il mango
giovane dà un sapore aspro al pesce e la foglia di banana
conferisce un odore perfetto per questa ricetta. È difficile
trovare questi due ingrediente in Italia. Allora io uso l’ananas per
sostituire il mango giovane, e friggo il pesce al posto di cuocerlo a
vapore dentro le foglie di banano.

Pineapple
tomato fish


1 pesce (500 g), 2 spicchi d’aglio tritati finemente, 1 cucchiaino di
pepe, 1 cucchiaino di sale, succo di limone

salsa: 2 spicchi
d’aglio tritati finemente, 1 cipolla tritata, 1 cucchiaino di pepe,
sale, zucchero, 3 pomodori tagliati, 5 cucchiai di salsa di pomodoro,
1 ananas tagliato a pezzetti
Mescolare pepe, aglio, sale e succo
di limone, e lasciare in infusione brevemente il pesce in questa
miscela per consentire al spezie infondere il loro sapore. Friggere
il pesce sino a che diventa croccante.
Nel frattempo soffriggere
aglio e cipolla, poi inserire i pomodori, sale, zucchero, pepe e in
ultimo aggiungete la salsa di pomodoro. Quando la salsa è
bollente mettere ananas, mescolare brevemente, e poi togliere.
Versare sul pesce e servire

l’altra ricetta:

http://ricettescorrette.noblogs.org/post/2010/04/16/pollo-italo-indonesiano

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Una lepre al mare

 

“Una ricetta troppo corretta Andrea”, mi ha scritto Ezio.
Verissimo. Non è neanche una ricetta, ma un racconto,
un’esperienza. Però, che bello, quando i profumi ti
confondono, quando i luoghi e i sapori si incontrano in maniera
inaspettata. Cos’è la correttezza in cucina? Non esiste la correttezza
in cucina, esiste la curiosità.

Anni fa, quando i miei primi due figli erano ancora piccoli, avevo
la fortuna di passare lunghi periodi estivi di vacanza al mare e il
mare per noi era campeggio libero su spiagge isolate e selvagge.
Quando per stupide leggi di controllo del territorio e la sua
salvaguardia, come se il campeggiatore libero non fosse il miglior
custode di quei luoghi che tanto ama, non fu piu possibile praticarlo
in Italia andammo in Grecia.

Seguendo indicazioni di amici greci, quell’anno arrivammo a
Elaphonisos, una piccola isoletta a 10 minuti di traghetto dalla
costa meridionale del Peloponneso. A sud dell’isola ci sono due
spiagge, una a ferro di cavallo stupenda ma molto frequentata,
l’altra lunghissima metà sabbia e metà roccette, al
confine delle quali c’era il nostro accampamento, un piccolo
cespuglio di macchia dove alloggiavano due panchette un tavolino e
l’amaca dove stare di giorno, fuori le tende e il fuoco per le cene
serali.

Le giornate trascorrevano lente tra libri sull’amaca, giochi di
spiaggia, pesca, raccolta della legna e la preparazione di ottime
cene cotte sul fuoco e consumate al lume di candela, sotto un mare di
stelle. La socialità era garantita dai bambini che tornavano
dalla spiaggia con sempre nuovi amici, così conoscemmo
Agostino, un architetto di Atene, e Antonella insegnante di Biella in
vacanza coi rispettivi figli. Agostino mi perfezionò nella
pesca subacquea e mi insegnò quella del polipo, cosicchè
le nostre cene in spiaggia si arricchirono e la tavola si allungò,
con ottime paste cotte in acqua di mare (solo 1/3), insalate e
grigliate di pesce, e qualche volta per viziare i bambini patate
fritte, cotte anch’esse sul fuoco.

Una sera di fine agosto Agostino disse che il giorno seguente ci
sarebbe stata l’apertura della caccia e che lui sarebbe andato a
lepri, avrei voluto andare con lui e ricordare le giovanili battute
di caccia sulle prealpi bresciane al seguito degli zii, ma la mia
nuova coscienza anticaccia mi trattenne. Ne prese due, Cristina si
offrì per cucinarle in salmì e io, da buon
bresciano,
di fare la polenta. Ma dovetti desistere anche dopo un viaggio in
gommone fino ad una cittadina sulla costa, non trovai la farina e
ripiegai su un umilissimo riso bianco.
Venne la sera della cena,
tutto era pronto, la tavola sulla spiaggia ben imbandita, arrivarono
Agostino con alcuni amici greci e Antonella con una grossa pentola
avvolta in alcuni canovacci che mise al centro del tavolo vicino al
riso.

Ci sedemmo sulla spiaggia attorno al tavolo e dopo un brindisi
Cristina sciolse gli stracci attorno alla pentola e la scoperchiò
liberando nell’aria un profumo così perfetto di carne
selvatica misto ad agro di vino e verdure che feci in un istante un
viaggio spazio-temporale. Mi ritrovai nella cucina del Gulus, un
piccolo ristorante gestito da Eugenio e mia sorella in alta val
sesia, alcuni anni prima intento a tagliare sedano, carote, cipolle e
aggiungerle alla lepre già a bagno nel vino con ginepro,
cannella, noce moscata, aglio e chiodi di garofano, per poi cuocere
il tutto dopo un paio di giorni di marinatura e produrre questo
magico profumo.

Ringrazio ancor oggi il mago elargitore di quell’incantesimo
scaturito dalla perfezione di un profumo: ero lì su una
spiaggia selvaggia in ottima compagnia, a gustare una cena sublime in
pentaloncini e maglietta sotto un cielo stellato col rumore del mare
in sottofondo e fuori dalla finestra in fianco a me nevicava.

ciao zio’

 

(http://ricettescorrette.noblogs.org/post/2010/04/06/jallajalla-ezio-e-le-spezie)

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libri: “Il mondo in tavola”, Associazione L’Aquilone

Non sarà facile trovare questo
libretto, ed è un peccato. Si tratta di un ricettario di
cucina curato dall’Associazione Onlus “L’Aquilone” che a Milano
gestisce il Doposcuola di Quartiere il cui scopo è aiutare
alcuni ragazzini che, per vari motivi, hanno bisogno di un aiuto.

È un volume estremamente sobrio
che ospita 39 ricette evidentemente raccolte grazie ai ragazzi e che
raccontano piatti dai paesi che solitamente non hanno l’attenzione
delle case editrici, ma che rappresentano invece uno spaccato
dell’immigrazione in Italia: Filippine, Perù, Bangladesh,
Egitto, Romania, Turchia, Marocco, Cina, Sri Lanka. Pietanze che
offrono un’apertura sulle culture che vengono tenute con cura ai
margini della società, quasi non avessero dignità di
condivisione, come non esistessero. Ancora una volta, insomma, la
cucina come elemento identitario che può costruire un ponte di
conoscenza.

Sono ricette accurate, fedeli, senza
concessioni a un adattamento locale, sembrano quelle che si possono
scambiare tra cuoche a Casablanca o a Manila. Solo qua e là
appare qualche minima contaminazione, qualche ingrediente che mi
viene da pensare sia un adattamento all’Italia: ad esempio il burro
nel cinese Budino delle otto gemme (i latticini proprio non si
usano in Cina).

Al contrario, ci sono ingredienti
decisamente poco conosciuti in Italia anche a chi come me bazzica le
tradizioni altrui, come il mezzo cucchiaino di “ras el hanout”
del marocchino Couscous di carne e verdure, o il “CHAANA
DAAL” del Riso piccante al limone dal Bangladesh; o che
addirittura potremmo essere restii ad usare, come il “pizzico di
colorante giallo per alimenti” nel filippino Adobong Manok At At
Baboy.
In ogni caso alimenti che non si trovano facilmente nei
supermercati, ma che bisogna cercare con cura.

Se da un lato apprezzo molto la
sobrietà di questo libro, che non si lascia andare in
dichiarazioni buoniste o affermazioni ideologiche di metodo (come
spesso capita quando la cucina diventa altro dal cibo ma messaggio
politico e sociale) ma semplicemente offre la cucina come dato di
fatto dello spicchio di mondo che è diventata Milano.
Dall’altra, rimango un pizzico deluso dalla mancanza di vita dietro i
testi, dei racconti o anche solo delle esperienze di chi ha proposto
questi piatti; l’unica concessione sono alcuni disegni di bambini,
che aprono un’immagine su tutto l’umanità che sta intorno a
questo tavolo.

Come dicevo, è un libretto che
non credo sia normalmente in commercio: io l’ho trovato a una bottega
dell’Altromercato a cinque euro. Nel caso, ecco la mail
dell’Associazione: associazionelaquilone@hotmail.com

Il mondo in tavola. Ricette e
curiosità scritte, raccolte e illustrate dal Doposcuola di
quartiere
, Associazione L’Aquilone, Milano 2010, pp. 64

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Pollo italo-indonesiano

Questa ricetta, e altre due che metterò nei prossimi giorni, le devo a Maria: lei viene dall’Indonesia, è un giovane architetto e ha mandato questi testi attraverso Alessandro,
comune amico. In tutti e tre i casi si tratta di piatti indonesiani che lei adatta agli ingredienti italiani. Maria è molto precisa e prima fornisce la ricetta originale e poi racconta come ha modificato il piatto. La foto è sua.

Considerazione parallela: se qualcuno era convinto che a Milano si potesse trovare praticamente tutto, ora si deve ricredere. “Candlenut” è una noce, “galangal” credo sia la medievale “galanga”, una radice che non viene importata da secoli.: non le ho mai viste in vendita. È ovviamente il mercato che comanda con legge della domanda e dell’offerta, e i negozi sono pieni di cibi che rispecchiano solo le esigenze delle popolazioni più presenti.

Questa è la ricetta originale del pollo arrosto alla di noce di cocco

(800 g) di pollo, 800 cc di latte di cocco (*), olio da cucina, 1/2 cucchiaino di coriandolo (Coriandrum sativum) tostato (*), 1/2 cucchiaino di cumino Kümmel o dei Prati (Carum carvi) tostato (*) , 10 candlenut punti (Aleurites moluccana) (*), 4 chiodi di garofano, scalogno (Allium ascalonicum L) (*), 2 spicchi d’aglio schiacciati, 4 pezzi di foglia di alloro indonesiano (polyanthum Syzygium) (*), 1 stecca Citronella schiacciati (*), 1 segmento galangal Alpinia schiacciato (*), 4 foglie di limone combava (*), sale e pepe.

Tagliare il pollo e mettere da parte. Soffriggere la pasta di spezie fino a farla diventare fragrante, aggiungere gli altri ingredienti, mescolando continuamente. Aggiungere il pollo, mescolando costantemente, fino a far penetrare le spezie. Versare il latte di cocco, portare a ebollizione e cuocere fino a che si riduce. Togliere
dal fuoco il pollo e poi passarlo poi brevemente al forno

(*)
Sono gli ingrediente che difficilmente riesco a trovare qui (forse in
Olanda è molto più facile perché ci sono un sacco di
store indonesiani). In realtà, questo sono ingredienti fondamentali per questa ricetta, in grado di dare un gusto unico per il pollo, e
non solo il gusto ma anche il profumo. Il grasso del pollo a volte
non dà un odore molto buono, ma queste ingredienti aiutano il
piatto ad avere un buon profumo. La combinazione tra la “candlenut” e la noce di cocco darebbe un gusto eccellente, ma dal momento che difficilmente riesco a trovare questo tipo di ingredienti, sto cercando altri per sostituirli e dare al cibo ugualmente un buon
profumo, ad esempio usando la foglia di basilico l’origano.

Ho sostituito la noce di cocco con i pomodori. Mi hanno detto che
l’italiano non può vivere senza pomodoro, e credo che sia vero, riesco a trovare pomodori facilmente ovunque. Allora io uso i pomodori, e per rendere l’equilibrio del gusto acido che è stato prodotto dai pomodori, aggiungo “chili” e zucchero. Così il gusto diventare molto ricco, tra acido, dolce e anche piccante.

Questo
la ricetta modificata:

1 pollo tagliato in 8 parti, 1 cipolla tritata finemente, 3 spicchi d’aglio tritati finemente, acqua, 2 pomodori tritati, 100 g di salsa di pomodoro, 1 cucchiaino di origano, 1 cucchiaino di basilico, 1 cucchiaino di “chili powder” (peperoncino in polvere?), 1 cucchiaino di sale, 1 cucchiaino di zucchero.

Scaldare l’olio, rosolare la cipolla e l’aglio fino a quando diventano fragranti, aggiungere il pollo mescolando fino a quando cambia il colore. Aggiungere l’acqua, i pomodori, la salsa di pomodoro, origano, basilico, sale, zucchero, peperoncino in polvere; cuocere fino a quando salsa si addensa. Togliere il pollo e passarlo alla griglia fino a cottura, bagnando di tanto in tanto con la miscela di spezie.

Maria


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Venerdì 16 aprile: Chefs Sans Frontières e “Ricette Scorrette”


L’associazione Chefs Sans Frontières
presenta i suoi programmi presso la galleria MISAEL, in via Thaon de
Revel, a partire dalle ore 19.30, nell’ambito della Fiera del Mobile,
a Milano. Nel corso della serata saranno letti alcuni brani del libro
“Ricette scorrette”.

L’associazione ha uno scopo intrigante,
usare la cucina come strumento di crescita e di affermazione
economica e sociale: un mezzo meno diretto dell’assistenza medica, ad
esempio, ma che potrebbe essere complementare a questo e costruire
possibilità concrete di vita.

Chefs Sans
Frontières (CSF) è un’associazione senza fini di
lucro ed ha come scopo esclusivo il recupero dei ragazzi di strada ed
un loro inserimento nel mondo adulto con in mano un mestiere
duraturo. CSF s’ispira a principi di democrazia, uguaglianza,
giustizia, solidarietà tra le persone e i popoli.

CSF vuole
promuovere l’integrazione ed il recupero di giovani e giovanissimi
che, a causa di problemi familiari (bambini non riconosciuti,
abbandonati a se stessi, orfani o altro) hanno la strada come fissa
dimora, conosciuti come “Ragazzi di strada”.

L’intento di CSF
è quello di aprire ristoranti in giro per il mondo in modo da
poter insegnare ai ragazzi uno dei mestieri legati alla ristorazione,
al mondo alberghiero e, in futuro, al mondo dello spettacolo e
dell’intrattenimento. Gli “ex-ragazzi” saranno, infatti, poi
gli unici gestori

dei ristoranti.
CSF ha tra gli obiettivi anche di valorizzare la cultura generale e
culinaria del loro paese. I ristoranti CSF dovranno poi vivere dei
propri ricavi come un qualsiasi ristorante “privato”. Con gli
utili della propria attività CSF vuole fornire, ad un gruppo
più ampio di ragazzi di strada, assistenza nell’educazione
scolastica dell’obbligo, nello sport ed aiutarli nell’inserimento
nella società.

(da
http://www.chefssansfrontieres.org)

Francesco Liello e Silvia Sonaggere, i
due fondatori e animatori, mi hanno raccontato che nei loro progetti
uno chef professionista imposterà insieme ai ragazzi il nuovo
ristorante e, partendo dalle risorse esistenti nel territorio,
aiuterà a elaborare nuove proposte culinarie, una forma di
incontro tra tradizioni.

È un paio d’anni che Francesco e
Silvia stanno lavorando sul progetto, fra poco contano di partire: in
bocca al lupo!

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JallaJalla – Francesca e i fagioli piccanti

 

Registrazione della
trasmissione di venerdì 9 aprile 2010
all’interno di JallaJalla a Radio
Popolare di Milano.

In studio con Paolo
Maggioni

9 aprile 2010.mp3

 

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PAROLE DI FRONTIERA Quattro giornate dedicate a chi passa i confini

 

Naga
e La Scighera presentano una rassegna che coprirà quattro
serate, ognuna dedicata a una parola sul tema della migrazione che sarà l’occasione per una
riflessione, uno scambio. Il secondo incontro sarà dedicato
al cibo, uno spazio per assaggiare e far assaggiare,
raccontare e ascoltare.Più acvanti le coordinate precise

PAURA-PIACERE-CASA-IDENTITÀ

Quattro
parole che attraversano il mondo dell’immigrazione per parlare
d’immigrazione senza parlare d’attualità. Quattro parole,
quattro temi, quattro incontri.

8
aprile 2010 – PAURA Serata dedicata al cinema
(film "La zona")
– ore 21.30-
Circolo Arci Scighera

13
maggio 2010 – PIACERE Serata dedicata al cibo – Circolo Arci
Scighera

23
maggio 2010 – CASA Giornata dedicata a burattini e letteratura
– Circolo Arci Scighera

19
giugno 2010 – IDENTITÀ – Serata dedicata alla
musica

Per
info: naga@naga.it, info@scighera.org – 0258102599 – 347 16 03 305

 

 

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JallaJalla – Ezio e le spezie

 

Registrazione della
trasmissione di venerdì 26 febbraio 2010
all’interno di JallaJalla a Radio
Popolare di Milano.

In studio con Paolo
Maggioni

26 febbraio 2010.mp3

 

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