Se in Italia parliamo di cocco non si va oltre il “coccobello” o la polvere usata per i dolci. Niente altro. Abbastanza ignoto invece è il latte di cocco, che grazie ai nuovi italiani comincia invece a trovarsi nei negozi: si tratta del liquido ottenuto macinando, spremendo e filtrando la polpa interna della noce, da non confondersi con la bevanda lattiginosa ottenuta dalla noce fresca (buonissima, per chi lo assaggiata in giro per il mondo).
Nonostante il nome questo liquido non svolge la funzione di surrogato del latte vaccino (come quello di mandorle o di soia, ad esempio) ma viene usato prevalentemente nelle cucine di mezzo mondo, in quelle asiatiche soprattutto (India o Filippine ad esempio, spesso per ammorbidire il gusto piccante e spigoloso di altri ingredienti) ma anche in Sud America e in Africa. In Italia al massimo qualcuno lo avrà provato nella Batida de coco, cocktail brasiliano ma ormai internazionale.
Il latte di cocco ha una consistenza cremosa, un sapore delicato e dolce, e se la sua produzione in proprio è oggettivamente faticosa (in questo blog ad esempio l’Encocado), è molto facile acquistare il prodotto confezionato: io l’ho sempre trovato nei negozietti per migranti, ma è probabile che ci sia anche nei negozi biologici e vegetariani, magari perfino nei supermercati più organizzati.
Ha un costo limitato, qualche euro, e si trova in lattina o in bottiglietta di vetro, in qualche caso con la specifica se utile per preparare piatti dolci o salati. Non contiene lattosio (ma a volte è allungato con il latte vaccino – controllate l’etichetta) e ha un alto contenuto di grassi saturi, circa 230 kcal ogni 100 g e circa il 17% di materia grassa.
Non è così improbabile immaginare che sia un prodotto in grado di infilarsi nella cucina quotidiana, non solo nella preparazione delle ricette asiatiche, africane o americane.
L’ho provato varie volte, per cucinare un pollo (senza il curry della cucina indiana) o nella zuppa di zucca, fino a preparare una pasta sempre con la zucca (a breve la ricetta): sempre come ingrediente aggiunto e non primario, il latte di cocco ammorbidisce il gusto, addolcisce e lega i sapori, e il risultato è sempre stato apprezzato dai commensali. Anche se il sapore è decisamente più delicato e un pizzico più dolce, il suo utilizzo mi ha ricordato tantissimo la panna che qualche decennio fa aveva invaso la cucina (tremendo!) e veniva usata un po’ dappertutto, a proposito e soprattutto a sproposito. È il rischio che potenzialmente corre anche i latte di cocco, talmente versatile da poterne abusarne. Insomma, se scappa la mano diventa sicuramente lezioso e stucchevole, ma usato con parsimonia può essere ottimo. E visto che la panna è bandita dalla mia cucina…