Mangiare insetti – seconda parte

Continua il racconto dell’insetto in cucina, con le vicende di due amici. La prima, di Francesco, è un dettagliato racconto dell’esperienza diretta.

Il giorno della locusta

Tra i cambogiani, è usanza piuttosto diffusa, quella di stuzzicare l’appetito, sostando prima di cena presso uno dei tanti chioschi che vendono insetti. Trovandomi in loco e precisamente nella cittadina di Battambang, mi lascio tentare.

Barney, il ragazzo che guida il tuk-tuk, e che mi ha scorrazzato in lungo e in largo per tutta la giornata, mi accompagna volentieri. Anche solo per levarsi lo sfizio di vedere la mia faccia perplessa di fronte a un assortimento di pietanze così insolite. Il chiosco in cui mi ha portato mi ricorda inspiegabilmente quello delle caldarroste in corso Buenos Aires, soltanto che al posto di castagne e marroni, esposti in grandi vassoi di stagno, qui ci stanno cavallette, grilli, scarafaggi, ma anche ragni, rane e serpentelli, il tutto precedentemente fritto in padella e poi servito a manciate in sacchetti di cellophane trasparente. La scelta è difficile. I ragni sono grossi come un pugno e per come si presentano, così neri e abbrustoliti, mi incutono un certo timore anche da cotti. Gli scarafaggi, nonostante Barney ci tenga a sottolineare che provengono dalle risaie e che nulla hanno a che fare con le meno nobili blatte cittadine, mi sembrano tutt’altro che invitanti. Alla fine scelgo per esclusione, o per empatia, optando per le creature più simpatiche: un sacchettino di cavallette di campo e uno di grilli. E per non farmi mancare nulla prendo anche un serpentello fritto e alcune rane.


Così, con la mia esotica merenda in mano, mi siedo su una panchina e inizio a stuzzicare…

Lasciando perdere le rane e il serpentello, che non sono in argomento, devo dire che:

1) Le cavallette, soffritte così in padella, senza pastella ma al naturale, non sanno di molto. L’unica cosa veramente interessante è il rumore che fanno quando le mastichi, che mi ricorda un po’ i pop-corn o meglio i Pringles.

2) Decisamente più curiosi sono i grilli, meno invadenti in bocca e con un deciso gusto erbaceo.

3) Nonostante l’alto valore proteico, entrambi questi insetti, ahimè, non sfamano molto (a meno che uno non sia disposto a mangiarne in grandi quantità), per cui l’appetito resta.

4) Infine, attenzione alle zampe, soprattutto quelle delle cavallette! Sono insidiose e si infilano tra i denti. Io ci ho messo due settimane e svariati metri di filo interdentale per liberarmi di una che mi si era incastrata tra i molari superiori.

Meritava quasi di esser conservata come reliquia…

Francesco Cannito

Nel secondo racconto, Pietro invece non è riuscito ad assaggiare gli insetti, e avanza anche qualche dubbio…

Sono andato in Cina dicendo a tutti che se avessi trovato dove si mangiavano gli insetti li avrei mangiati. Arrivato a Pechino li ho trovati subito.  Si trovano in quelle bancarelle serali di Donghuamen Yeshi in una traversa che da sulla via principale Wangfujin (daijie). Ovunque c’erano insetti di vario tipo. Al momento l’odore era nauseabondo e gli insetti poco allettanti. Solo dopo tanto tempo ho capito che l’odore nauseabondo non proveniva dalla frittura degli insetti ma dal tofu “puzzolente” (lo chiamano smelly tofu) che effettivamente ha un odore sgradevole ma non è male. Mi è comunque sorto il sospetto che tutti quei lunghissimi millepiedi cicciotti e neri e gli scorpioni scarafaggiosi fossero lì solo per i turisti. Ho atteso dunque che qualcuno li comperasse. Ma nessuno, tanto meno i cinesi, si sognava di mangiare degli insetti. Passavo per quella via ogni sera.

Per un periodo ho avuto lì anche l’albergo. Solo una volta ho visto due vecchi che hanno acquistato e mangiato lì per lì uno stecco con infilato qualche baco da seta fritto. Un larvone ciccio e croccante. Anche lì però non ho avuto il coraggio di assaggiare. I poveri scorpioni sono invece tenuti infilati nello stecchino vivi e poi fritti al momento. Mi pare comunque che si tratti di roba che si trova (ormai?) solo a beneficio dei turisti. Il fatto stesso che gli stessi stecchi di insetti stessero lì per giorni mi faceva pensare che avrei potuto stare male.

Non so se poi me li avrebbero rifritti al momento, ma non credo. Volevo mangiare le cavallette delle quali non ho mai avuto schifo, ma non le ho trovate.

Insomma, la mia è la testimonianza è quella di chi non ce l’ha fatta. Forse un giorno, quando tornerò…

Pietro Amadini

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
Questa voce è stata pubblicata in racconti. Contrassegna il permalink.