Per chi arriva da Milano constatare che
Frasso Sabino è una realtà completamente diversa
costituisce una sonora banalità.
Frasso Sabino è un paese di 650
abitanti costruito su un colle in provincia di Rieti: un castello in
cima, piccole vie e piazzette, case di pietra. Intorno una campagna
che sembra dimenticata dalla speculazione e anche dall’economia, con
un’agricoltura rivolta al consumo privato e molti olivi che
producono un ottimo olio per il quale non si è trova uno
sbocco commerciale; tanti boschi.
La diversità profonda riguarda
l’approccio all’immigrazione, che costituisce ormai circa il 10 % dei
residenti di Frasso. Sono persone provenienti da varie nazioni, che svolgono le
più diverse attività: manovali, muratori, gestori di
bar. Una presenza discreta, accettata senza problemi, ma che
costituisce comunque un cambiamento sostanziale nelle abitudini
locali.
Racconta Antonio, sindaco di Frasso:
“Le comunità nostre prima
erano fatte tutte da residenti e gradualmente stanno modificandosi. È
un aspetto che non riguarda solo il rapporto tra comunità
italiana e quelle straniere, ma anche quello tra comunità
straniere. Nelle grandi città è diverso, lì
ognuno vive per sé. Ma nei paesi le persone si trovavano in
piazza e nei bar e si conoscevano tutte: ora sono divise in tante parti e noi vogliamo
riunirle. Quindi abbiamo pensato di preoccuparci di ricostruire la
comunità, tenendo presente le esigenze e le novità che
presenta la globalizzazione. Noi l’abbiamo tradotto con questa
manifestazione, perché il cibo è un momento di cultura
e di aggregazione. Abbiamo fornito gli alimenti alle comunità
residenti e li abbiamo invitati a cucinare”.
“Frasso in ottobre” (10-11 ottobre
2009) è una manifestazione giunta alla nona edizione, che pone
il cibo come crocevia degli incontri e degli scambi. È
organizzata dal comune e dalla Pro Loco, insieme a Slow Food di Rieti
e all’Associazione OZU. Ed è stato proprio Enrico Blasi,
fondatore e animatore di OZU, a invitarmi e a propormi di presentare
il libro.
La bellezza di queste due giornate è
stata girare per il paese, assaggiare la fejoada e i dolci
rumeni, chiacchierare piacevolmente con gli abitanti, mangiare la
pizza e il pollo al forno (bravo Cesare!), ma anche gli arancini
siciliani, la pancetta di maiale nero sabino, bere i vini argentini e
la birra prodotta in zona. Le ricette scorrette non sono ancora
contemplate, ma il tema dell’incontro e dello scambio nel piatto si
sta facendo fa strada (comunque sono tornato a casa con una ricetta
eccezionale che racconterò quanto prima).
Sarà banale, non conoscevo
nessuno ma è stato come trovarsi tra vecchi amici. Grazie
Frasso Sabino.
fejoada
dolci rumeni
pollo "in" forno