Gli spaghetti dei marò di Trivandrum

Una piccola spigolatura sulla vicenda dei marò in carcere a Trivandrum, in India.

Mi ha colpito è che nei notiziari si insiste sul fatto che i due militari mangiano cibo italiano. Basta un piatto di spaghetti è tutto va già meglio, “spaghetti” fa casa come nella famosa pubblicità.

Stamani era stata presentata dal governo italiano una nuova petizione per chiedere, tra l’altro, che ai militari sia servito “cibo conforme alla loro dieta”, che sarà “procurato e pagato dalle autorità consolari” (Repubblica.it 05 marzo 2012)

”Mangiano cibo italiano. Non sono gli spaghetti pugliesi ma sono buoni e di un ristorante italiano”. E’ questo il menù dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, secondo quanto ha raccontato il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura. (blitzquotidiano.it 17 marzo 2012)

Che dire. Possibile che ai due militari non piaccia legittimamente la cucina indiana (e non si fa fatica a pensare che quella del carcere non sia la migliore espressione della gastronomia locale), oppure un segno di accudimento verso i deu militari.

Ma temo che la questione sia diversa, e cioè che il fatto di mangiare cibo italiano (spaghetti ovviamente) sia di per sé ritenuto un fatto essenziale di rispetto.

È il segnale di come il cibo, quello della propria tradizione, sia un elemento identitario anche in una disputa politica: mi riconosci non tanto perché mi dai un cibo “migliore”, ma proprio quello a cui sono abituato. Addirittura si specifica che vengono preparati da ristorante italiano, non da mani inesperte (e infedeli).

Situazione decisamente diversa per i vari detenuti stranieri nelle carceri italiane: già, ma loro devono ritenersi fortunati perché mangiano proprio spaghetti, il piatto più buono del mondo!

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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