Cucina meticcia: due chiacchiere

 

Non sono un frequentatore particolare
di blog, liste, forum, etc. Così scopro, assolutamente per caso, che
dopo aver presentato il libro a Genova qualche giorno fa (a
proposito: un grazie forte per la bella accoglienza e il partecipato
e allegro scambio di opinioni e racconti: ma aspetto ancora le
ricette italo-belghe!), è partito un dialogo su un forum sul tema
del meticciamento in cucina:

http://www.dilucide.com/lafinestrasulcortile/viewtopic.php?f=2&t=4517&st=0&sk=t&sd=a

Piuttosto vivace direi, divertente,
divertito, con quelli che a me sembrano un sacco di interventi. Mi
sembra di leggere un po’ le chiacchiere che accompagnano solitamente
le presentazioni del libro: da una parte il meticciato come
prospettiva intrigante, politicamente corretta (che palle!), con
esperienze che ognuno ha da raccontare. Dall’altra la consapevole e
convinta difesa orgogliosa dei propri cibi identitari, su cui non si
transige: “Bravo Andrea, bel lavoro, sono proprio d’accordo, sono
disposto e curioso di tutti queste ricette scorrette e altre ancora.
Ma non sul mio piatto preferito”. A Bologna non si mollava sul ragù,
a Genova si difendeva il pesto; per ognuno il suo, quello
dell’origine geografica o della mamma.

Ogni volta mi accorgo quanto il termine
“meticcio” usato per la cucina sia tutto sommato un espediente
politico e furbetto, perché il meticciato non è un processo
artificiale contrapposto all’identità, ma uno svolgimento naturale
che con tempi a volti lunghi destruttura e costruisce la pratica
quotidiana culinaria. Molte cose si conservano, altre si cambiano
così lentamente che non te ne accorgi, altri le scopri migliori di
quelle precedenti, qualcosa si perde.

Certo, oggi il meticciato è un termine
politico perché la situazione lo richiede, perché serve per andare
oltre l’ottusità nazionalista. Perché la cucina è anche uno
strumento per arrivare alla società, come espediente per parlare di
accettazione, scambio e rispetto oltre il circolo ristretto di quelli
con cui siamo d’accordo.

E anche perché, banalmente, è
sfizioso mangiare cose nuove e conoscere la loro storia.


Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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