Okra

Con l’aria che tira magari anche l’okra, simpatico ortaggio, potrebbe incorrere nel reato di clandestinità ed essere espulsa. Niente a che vedere con la legge liberticida e incivile sulla “sicurezza”, ma di sicuro l’okra (Abelmoschus esculentus) è consumata ovunque nel mondo tranne in Europa (a esclusione dei Balcani). Ma ora, con l’arrivo degli immigrati, si farà sicuramente strada sulle tavole italiane.

La sua origine risiede nell’altopiano Etiopico da dove si è diffusa in tutta l’Africa e l’Oriente, nei Balcani e, con lo schiavismo, nelle Americhe. Ha nomi diversi a seconda di dove si consuma, quelli più ricorrenti sono gombo (in Africa soprattutto) oppure okra, ma cambia a ogni luogo: quiabo in Brasile, bamja nei Balcani, kanja in Senegal e via di seguito.

Ha l’aspetto di un baccello verde di 8-10 cm a sezione pentagonale, è ricca di vitamina A e C e ha un sapore delicato, simile a quello degli asparagi. In cucina viene usata nei modi più svariati e le ricette si possono trovare facilmente nel web, specialmente nei siti stranieri, anche se qualcosa comincia a essere pubblicato anche in quelli italiani. Si prepara da sola o con la carne, ma forse l’utilizzo che sfrutta meglio le sue peculiarità è nelle minestre e negli stufati: l’okra, infatti, produce un liquido appiccicoso (la sua vera bontà, mi hanno raccontato con gli occhi luccicanti) che funziona come coagulante naturale.

Ho letto che viene coltivato anche in Sicilia, ma di solito sono sempre di importazione. Il suo consumo sta aumentando, ma la loro reperibilità è soprattutto nei negozi etnici e in qualche mercato: a Milano si trova ad esempio nel mercato rionale di piazza 24 maggio, in Ticinese: in città è famoso, perché ha ormai convertito tutta la sua offerta al mercato straniero, filippino e sudamericano soprattutto.

In un negozietto vicino alla Stazione Centrale sono in vendita a 2 euro il sacchetto (a occhio 2-3 etti), coltivati in Nicaragua. Non precisamente economici. Tra gli scaffali ho trovato anche una bustina di okra in polvere (prodotto in Senegal, 1 euro per 80 grammi), che mi hanno spiegato si usa come addensante.

In realtà esiste un mercato parallelo che si muove però “porta a porta”, al di fuori dei canali ufficiali.

Ogni giorno, infatti, dalla primavera fino ai primi freddi, arrivano a Milano decine di furgoni o di auto carichi di cassette o sacchi di ortaggi. Soprattutto dal bresciano e dalla bergamasca, dove i filippini hanno conquistato parecchi terreni altrimenti non coltivati. Ma anche dal lodigiano e dal pavese. All’ inizio, ci fu il tentativo di proporre la mercanzia direttamente nei pressi dei grandi mercati meneghini. Ma diverse sortite dalla parti di Papiniano, di via Fauché, di via Osoppo e di Lambrate stimolarono l’attenzione dei vigili e quindi si pensò che sarebbe stata più discreta e più funzionale una distribuzione capillare e
nascosta a occhi investigatori. Ed è così che decine decine di signore filippine ricevono ogni settimana una certa quantità di prodotti e, in un certo senso, aprono una loro piccola e casalinga bottega clandestina per la vendita al dettaglio.

(Carlo Lovati, «Ortomercato» filippino tra business e nostalgia, Corriere della Sera, 20 agosto 2007, p. 4)

Nella
cucina italiano è un ortaggio che potrebbe trovare ampio
spazio, basta solo avere un pizzico di fantasia: Justin, nel libro,
li ha usati per condire gli spaghetti e non erano niente male.

Allego una ricetta “corretta”, tratta da un romanzo veramente gustoso che mi fa piacere segnalare: Calixthe Beyala, Come cucinarsi il marito all’africana, Epoché, Milano 2004 (p. 13-14)

Gombo alla paprika

ingredienti
(per 6 persone). 1 kg di gombo, 1 cucchiaio da tavola di paprika piccante, 1 scatoletta di pomodri pelati (250-280 g), 1 bella cipolla, 2 spicchi d’aglio, 3 o 4 cucchiai da tavola d’olio di palma, sale, pepe, basilico secco o tritato (facoltativo).

Preparazione.
Accendere il forno. Eliminare i gambi e le punte dei gombo. Tritare finemente la cipolla e l’aglio. In una pentola, far rosolare la cipolla e l’aglio nell’olio di palma. Aggiungete la scatoletta di pomodori pelati rimestando in modo da schiacciarli. Far cuocere 5 minuti a fuoco lento. Aggiungere la paprika, il sale e il pepe. Mescolare. Aggiungere un bicchiere d’acqua. Far cuocere 5 minuti a fuoco lento. Mettere della salsa in un piatto da forno. Disporvi i gombo. Ricoprire con la salsa restante e spolverare a piacere di basilico. Far cuocere in forno per 30 minuti aggiungendo un po’ d’acqua per mantenere il livello della salsa, se necessario. Servire caldo.

Un bel piatto di gombo alla paprika ti schiarirà le idee, figlia mia” (p. 12)

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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3 risposte a Okra

  1. anna scrive:

    oggi ho comprato okra all’esselunga: 1.58 centesimi per 150 gr. non proprio
    economico. io li ho mangiati in india stufati con sugo di pomodoro e naturalmente
    peperoncino.

  2. Andrea Perin scrive:

    grazie!
    il negozio è all’inizio di via Napo Torriani, anche se è un po’ che non ci vado. La polvere è sostanzialmente incolore. Fammi sapere se la provi…
    Buon appetito
    Andrea

  3. Chiara scrive:

    Ciao,
    complimenti per il blog, davvero interessante.
    Curiosa l’okra. Dove si trova il negozietto vicino alla stazione Centrale di Milano?
    La polvere dell’okra rende anche colorata la pietanza, come lo zafferano o il curry?

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