Questa ricetta me la manda Marco, conosciuto ai tavoli della Scighera.
Encocado
A me l’ha insegnata un signore di nome Leonardo, che mi ha ospitato
nella sua casetta per tre settimane in un isola piuttosto sperduta della costa ecuadoriana. Io stavo lavorando per una associazione ecuadoriana di difesa delle mangrovie e l’idea era quella di mettersi in contatto, appoggiare e rafforzare una piccola associazione di concheros dell’isola (i raccoglitori artigianali di molluschi che si trovano fra le radici di mangrovie), nel tentativo di frenare la deforestazione.
Il signor Leonardo, un tipo molto simpatico, da piccolo era stato in una scuola gestita da un qualche padre missionario italiano… appena ci siamo incontrati subito mi ha chiesto se sapevo cucinare la pizza, di
cui aveva piacevoli ricordi d’infanzia. Quindi diciamo che c’è stato uno scambio di conoscenze gastronomiche: io gli ho insegnato a fare la pizza e lui a me l’encocado.
Questa, più che una ricetta definita con ingredienti precisi, è un modo di cucinare tipico della regione di Esmeraldas, la zona nord della costa pacifica. L’ingrediente fondamentale è il cocco, nel cui latte si cuociono i prodotti naturali di questa zona dove i villaggi si trovano vicini agli estuari dei fiumi, a ridosso o spesso immersi nei boschi di mangrovie. Pertanto si preparano in questo modo diversi tipi di pesce di estuario dal sapore delicato, gamberetti, granchi, molluschi.
Qua in Italia ho provato, con buoni risultati, a cucinarlo con il pollo.
I gamberetti preferisco non usarli, sia perché quelli che si trovano qui provengono spesso da allevamenti industriali illegali che hanno provocato la deforestazione quasi totale dei boschi di mangrovie, con gravi conseguenze sociali e ambientali; sia perché, più semplicemente, il pollo costa meno.
1 noce di cocco, 1 petto di pollo, 1 cipolla grande, 2 pomodori, 2 spicchi d’aglio, prezzemolo, cumino
Una volta aperta la noce di cocco (che già non è facile), tenere da parte l’acqua; a questo punto grattugiare la polpa. In Ecuador quest’operazione si svolge tradizionalmente usando una conchiglia dal bordo ondulato, di cui le spiagge sono piene. La polpa grattugiata si strizza con forza e si ottiene in questo modo un liquido bianco molto denso, con un intenso profumo di cocco: il “primo” latte; anche questo si tiene da parte. Con la polpa rimanente, mescolata con un po’ d’acqua insieme a quella di cocco tenuta da parte e strizzata con un po’ di forza, si ottiene il “secondo” latte di cocco.
Qui in città ho rotto un po’ la poesia della preparazione e ho usato una centrifuga elettrica. Questa separa perfettamente la polpa dal primo latte, e nel filtro della centrifuga rimane anche un bel po’ di burro di cocco, che ho rimescolato con il primo latte. Con la polpa separata dalla centrifuga ho ottenuto il secondo latte.
Si prepara un soffritto con la cipolla e l’aglio sminuzzati, i pomodori a cubetti, un po’ di cumino (al gusto). Si aggiunge la carne tagliata a pezzetti, si fa rosolare un minuto poi si aggiunge il “secondo latte” di cocco. Si lascia cuocere fino a quando il pollo sarà cotto e il liquido quasi completamente evaporato. A questo punto si aggiungono il “primo latte” di cocco e un po’ di prezzemolo tritato e si lascia cuocere ancora un minuto. Alla fine il pollo dovrà trovarsi in una salsa cremosa.
Per costruire un piatto ecuadoriano intero, l’encocado andrebbe presentato con una porzione di riso bianco e alcuni “patacones”(banane platanos fritte).
Marco Ferrari, marcofenn@gmail.com