Tornato dal Brasile, dopo un mese in Mato Grosso, ero convinto che non ci fosse al mondo un tubero migliore della manioca; in quelle zone la mangiano in tutte le maniere: lessa, fritta, in una farina granulosa… Originaria proprio del Sud America, e infatti la consumavano anche gli indios più tradizionali (lessandola il più delle volte), è ormai diffusissima anche in Africa e in Asia.
Con il tempo e la pigrizia, sono tornato ai sapori rassicuranti della nostrana patata, ma qualche sera fa ho voluto riprovarne il sapore e ho preparato la manioca la forno.
L’acquisto è facile, questo tubero è spesso presente spesso nei supermercati e a volte anche in qualche bancarella, ma nei negozi etnici la si trova quasi sempre. Questo pezzo da mezzo chilo viene da una botteguccia cingalese, vicino a casa.
La buccia non è come quella della patata, ma coriacea e dura. Anche la polpa è differente, meno tenera, tende a spezzarsi; all’interno c’è poi un filamento da togliere.
Ma per il resto si procede come con la patata. Si taglia a pezzetti, si mette al forno per quaranta minuti circa, finché è tenera, condita con olio, rosmarino e aglio.
È stata apprezzata a tavola anche se non mi è venuta la crosticina come per il nostro tubero nazionale, rispetto al quale il sapore è forse un po’ più deciso e meno dolce.
Costa di più della patata, al momento, ma non di molto. E comunque ne vale la pena.