La prima volta che ho avuto a che fare con il durian è stato qualche anno quando Cinzia, di ritorno da Singapore, mi portò alcuni generi alimentari tra una specie di crema solida all’interno di un cilindro in plastica leggera, una sorta di salsicciotto marroncino. Le scritte erano in un alfabeto per me incomprensibile, impossibile capire cosa fosse. Non sapevo cosa farne, il sapore non lo ricordo ma l’odore sì: cattivo, molto cattivo, tanto da pensare fosse andato a male.
Ritrovo lo stesso salsicciotto a Milano, nel più grande negozio internazionale, scopro che si tratta si una versione confezionata di durian e scopro anche che è in vendita anche fresco: un frutto grosso e tondeggiante, con una scorza spessa ricoperta di grandi spine, costoso tanto da sconsigliare l’acquisto per “curiosità”.
Il durian è pregiatissimo in India, Portorico e Australia ma anche Cina (“il re dei frutti”), leggo che al suo interno ha una polpa cremosa e giallina dal sapore molto dolce. Pare che tanto buon sapore sia però accompagnato da un odore veramente acre, fetente (le definizioni sono molteplici: putrefazioni, feci animali, sudore stantio, etc.), tanto che a Singapore è vietato portalo nei mezzi di trasporto pubblici.
Un amico più curioso di me lo ha acquistato e provato, senza alcun entusiasmo nonostante le aspettative e racconta tutto sul suo blog.
Difficile ipotizzare al momento una sua diffusione nella cucina italiana…