La cucina di Sandokan e Yanez: “Arrosto al madeira”, ovvero meglio al marsala

Un arrosto che sa di meticcio, preparato con un vino che arrivava dall’Europa. Ma purtroppo non è destinato alla pancia del portoghese, o ai suoi denti come avrebbe scritto Salgari, ma viene usato come astuto espediente per scoprire la presenza di un veleno, paura ossessiva che accompagna il racconto del “Bramino dell’Assam”.

«Va bene: Kammamuri, chiudi la porta ed allontana il molosso più grosso». «È fatto, padrone» rispose il maharatto, il quale agiva rapidamente, curioso di sapere che cosa stava per succedere.

Tremal-Naik prese due tondi, uno contenente un arrosto annegato nel Madera, e l’altro un magnifico pudding dalla bella crosta dorata, e che tramandava un profumo squisito, e li mise dinanzi al molosso che era rimasto nella saletta.

«Crederesti che ci sia il veleno in quei cibi?» chiese Yanez, tergendosi qualche stilla di sudore freddo. «Aspettiamo» rispose Tremal-Naik, il quale non staccava gli sguardi dal valletto sospetto.

«Facciamo un esperimento». L’enorme cane si era messo a lavorare di denti, quasi con furore, ora strappando un pezzo di arrosto ed ora uno di pudding. La sua lunga coda, ricca di peli, ondeggiava freneticamente.

«Osservi nulla tu, Yanez?» chiese Tremal-Naik.

(Il bramino dell’Assam, 1911)

Questo arrosto “annegato nel Madera” finirà nella pancia del cane che morirà per il veleno nascosto, ma il piatto era destinato alla tavola di Surama, rhani del regno dell’Assam, e del suo consorte Yanez.

La mitica salsa preparata con il madeira, famoso vino liquoroso portoghese, destinata ad accompagnare gli arrosti e il filetto, è una dei cavalli di battaglia della cucina francese ma non mi piace immaginarla nelle cucine dell’Assam. Invece del costoso madeira meglio utilizzare un domestico marsala, un vino molto in voga a fine Ottocento in Italia, di cui Salgari stesso pare fosse un grande estimatore. E in generale anch’io penso che sia ora di rivalutare il marsala, ingiustamente relegato negli scaffali più polverosi e dimenticato da chi ama il vino.

Questo perciò è un arrosto come se lo poteva immaginare il nostro autore, reso raffinato da un vino mitico, ma adattato all’India dell’immaginario: niente bovini essendo una pietanza per gli indù (“non mangiando carne di bue gli indiani”) e neppure maiale, la carne potrebbe essere il montone o l’agnello, speziato e profumato come ci si aspetta dai piatti di queste terre.

500 g di carne di agnello (cosciotto), un bicchiere di marsala, 1 cucchiaio di curcuma, peperoncino, 1 cucchiaino di fieno greco, 1 spicchio aglio, coriandolo in foglie, olio di oliva Mettere l’olio con lo spicchio d’aglio, mezzo cucchiaio di curcuma, un cucchiaino di fieno greco e un pizzico di peperoncino e lasciar cuocere qualche minuto. Mettere il cosciotto a rosolare a fuoco sostenuto su tutti i lati, poi abbassare il fuoco e aggiungere il bicchiere di marsala, salare e lasciar andare lentamente, aggiungendo del vino se asciugasse troppo. Quasi a fine cottura aggiungere il coriandolo tritato. È ancora più buono il giorno dopo.

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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