L’invenzione (inventata) della pizza margherita

Si può definire il giorno,
l’anno, il momento in cui venne inventato un piatto di cucina?

Giovedì 11 giugno si è
festeggiato a Napoli, con tanto di corteo composto da figuranti
preceduto da una carrozza che trasportava la Regina Margherita, i 120
anni da cui il pizzaiolo Brandi preparò e dedicò alla
regina l’oramai celebre pizza. Una targa sul locale riporta il
messaggio di Casa Savoia (tra le poche cose “sensate” compiuta
dai nostri ex-regnanti?): "Pregiatissimo signor Raffaele
Esposito Brandi, le confermo che le tre qualità di pizze da
lei confezionate per sua Maestà la Regina, furono trovate
buonissime. Mi creda di Lei Devotissimo Galli Camillo, Capo dei
servizi di tavola della Real casa". Secondo la tradizione, la
terza sarebbe stata inventata lì per lì, con
l’intenzione di rendere omaggio alla regina, e utilizzò degli
ingredienti con i colori della bandiera sabauda: rosso il pomodoro,
bianco la mozzarella e verde il basilico.

Ora, è chiaro che iniziative di
tipo turistico o semplicemente squisitamente commerciali, hanno il
loro significato: ora la pizza è un prodotto che segue il
disciplinare di qualità STG (Specialità Tradizionale
Garantita) che ne definisce con precisione gli ingredienti e modalità
di preparazione.
(http://www.pizza.it/NotizieUtili/disciplinare-pizza-napoletana-doc.htm)

Ma è altrettanto vero che si
tratta di tradizione inventata: al massimo venne creato il nome, non
certo una pizza con questi ingrediente che sicuramente esisteva già
ancora. Le prime attestazioni sulla sua produzione a Napoli risalgono
al Seicento e al Settecento. “La pizza è all’olio, al lardo,
alla sugna, al formaggio, al pomodoro, ai pesciolini” scriveva
Alexandre Dumas, a Napoli nel 1835.

C’è anche da dire che la pizza
napoletana, pur avendo sviluppato le sue fantastiche peculiarità
organolettiche, ha molto in comune con altri piatti presenti in tutto
il mondo: è una spianata di cereali, tonda, cotta su piastra o
al forno e completata con gli ingredienti locali; come ad esempio la
pita araba, il nan indiano e la tortilla messicana.

Probabilmente esisteva già a
Napoli una pizza prima della diffusione in cucina del pomodoro, e
chissà come sarà sembrata scorretta la prima volta che
venne aggiunto questo nuovo frutto.

 

Franco La Cecla, La pasta e la pizza,
Il Mulino, Bologna 1998

 

Informazioni su Andrea Perin

Architetto museografo, cultore della cucina per passione
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